martedì 23 luglio 2013

Riceviamo... e pubblichiamo!




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Cari amici e cari compagni,
ringraziando tutti coloro che hanno partecipato all’assemblea a Roma del 13 luglio e tutti coloro che, in vari modi, hanno manifestato interesse e attenzione per questa iniziativa, vi allego la sintesi del mio intervento.




 

.. non condividiamo tutto.. non servono processi sommari.. parliamone in un Congresso.. come si deve.. ma forse Roberto non ha tutti i torti!.. vediamo il suo intervento.. cosa ne pensate?


Assemblea Socialista aperta
Roma – 13 luglio 2013 Sintesi dell'intervento

Primo. Ringraziando tutti coloro che hanno raggiunto Roma da tutte le parti d’Italia e i tanti amici e compagni, iscritti e non iscritti al PSI, che ci hanno inviato messaggi di saluto. Pur con sensibilità diverse, ormai siamo uniti da un convincimento comune. Fuori e dentro dal PSI c’è un sentimento che si sintetizza in poche parole: “basta con il declino, basta con un partito che vivacchia senza prospettive e senza futuro, basta con le nostre divisioni”. Dopo vent’anni di Seconda repubblica in cui abbiamo fatto la resistenza tenendo acceso una piccola fiammella, adesso dobbiamo dire “basta” e darci una nuova e più grande prospettiva.
Come abbiamo spiegato più volte, questa non è una riunione di corrente e men che meno una riunione della minoranza del PSI, ma una libera assemblea di socialisti per aprire una fase nuova, che deve coinvolgere il PSI ma non solo.
Tutti i socialisti devono poter trovare presto un nuovo punto di riferimento, un PSI diverso per una nuova iniziativa politica, una politica non per fare i reduci del passato, ma i combattenti del futuro. Per la costruzione di un’iniziativa socialista più larga in cui il PSI potrà svolgere un ruolo fondamentale solo se saprà rinnovarsi. Una fase che dovrà crescere secondo il metodo della collegialità e della partecipazione, senza personalismi e personificazioni. D’altra parte, una piccola forza com’è l’attuale PSI se vuole crescere deve avere una grande ambizione, è arrivato il tempo di rifiutare la logica della sopravvivenza e del vivere per passare dallo zero virgola (questo è il peso attuale) all’uno virgola. Questa è una prospettiva che non può più appassionare n essuno e non appassiona neppure me, perché un partito che si chiama socialista deve saper puntare in alto e quello che non si è fatto in molti anni può essere fatto in poco tempo. Certo non da soli possiamo da subito porci l’obiettivo di essere forza elettorale a due cifre, per avvicinarsi alle altre forze politiche europee ed avere un peso per essere interlocutori nella sinistra italiana.
Avere un obiettivo ambizioso significa definire un ruolo non subalterno e non marginale rispetto alle altre forze politiche. E costruire una nostra e autonoma linea politica significa mettere la questione delle alleanze al secondo posto, anzi è arrivato il momento di non confondere più, come è stato fatto in passato, la linea politica del movimento socialista con la discussioni del “con chi vado, con chi sto”. La storia del passato ci dimostra peraltro che, nonostante ci siamo alleati c on tutti, da Dini a Vendola, mai siamo migliorati e mai abbiamo portato a casa buoni risultati.
Riacquistiamo quindi prima di tutto un ruolo e uno spazio politico che dev’essere sia nazionale che locale. Entrambi i livelli devono vivere in sinergia e non, come oggi, che si è lasciato al livello locale tenere alta la bandiera e a livello nazionale si è messa invece la testa sotto la sabbia.
Quindi, occorre ritrovare una spinta vitale, che sia di rigenerazione di una nuova prospettiva. Una prospettiva che in questa fase non può che venire dal basso, contando su due fattori: ricostruire con un lavoro umile il rapporto, in giro per l’Italia, con sezioni, gruppi di compagni e militanti, non preoccupandoci di fare incontri anche ristretti, ma nello stesso tempo liquidare al vertice ogni nomenclatura, piccola o grande che sia e demandare, quando sarà il momento, solo ad un congresso assolutamente aperto, la scelta larga del gruppo dirigente del nuovo corso socialista.
Secondo. Un piccolo partito può, in poco tempo e con urgenza, lasciarsi alle spalle e superare le difficoltà gravi in cui si è venuto a trovare e contemporaneamente decidere di pensare in grande. Per questo non serve un congresso chiuso nelle piccole stanze del PSI. Se dobbiamo fare una mozione la faremo. Ma non è questa la strada migliore, la strada migliore è creare le condizioni per un congresso di rifondazione e di rigenerazione unitaria del socialismo italiano. Quindi, un congresso aperto, con regole nuove, che favorisca la partecipazione dei compagni iscritti, di quelli che abbiamo perso negli ultimi anni e di tutti coloro che possono arrivare perché accolgono il nostro appello e sentono aria nuova. Un congresso che, in una fase come questa, non si pu&ogra ve; accontentare né di pochi iscritti né di piccole mozioni, ma un congresso in cui linea politica e gruppo dirigente siano scelti con metodi larghi e non escludendo la partecipazione degli elettori. Un congresso che non inizia e non finisce, come ho detto prima, con nomenclature precostituite, ma un congresso da far crescere nel dibattito e nel confronto, anche duro, sulle prospettive e sul necessario rinnovamento.
Terzo. Per quanto riguarda il PSI, dobbiamo dire per prima cosa, con assoluta sincerità senza anteporre posizioni personali, che è arrivato il momento di chiedere al Segretario di fare un passo indietro per il bene e per amore del partito. Oggi, Riccardo non è più in grado di garantire l’unità del partito, non è più il punto di riferimento di una solidarietà interna e di una fiducia che il partito gli ha affidato per lunghi anni. Oggi la sua presenza costituisce un ostacolo alla ripresa, alla costruzione di un soggetto unitario e avendo lui lavorato per anni, anche contro il nostro parere, più per un partito piccolo che non per una prospettiva larga non è più lui oggi che può garantire una nuova prospettiva del socialismo italiano. Nencini, nonostante tanti consigli e tanti suggerimenti, ha voluto un partito piccolo, ha chiuso le porte anziché aprirle, ha identificato il futuro del partito con l’acquisizione di qualche posto, di ministro o di sottosegretario, ma alla fine ha umiliato le aspettative di tanti socialisti, dell’intero corpo vivo del PSI e persino della sua storia. Rinunciando a presentare la lista del PSI alle elezioni politiche, in una competizione elettorale del tutto sicura e persino senza rischi, è venuto mano ad un mandato implicito con la guida di un partito. Nella coalizione di centrosinistra potevamo partecipare autonomamente ed ottenere un risultato che ci avrebbe potuto garantire l’elezione di un gruppo di parlamentari maggiore di quello attuale. Un gruppo parlamentare che oggi potrebbe contare sulla forza di essere in Parlamento con le proprie gambe. Ciò non è avvenuto e la campagna elettorale è stata gestita nel modo peggiore, sicché oggi non abbiamo più alcun ruolo. Siamo in Parlamento e non sappiamo se siamo in maggioranza o all’opposizione. Siamo spariti da qualsiasi comunicazione politica e non bastano certamente le trovate dello spontaneismo politico e dei gazebo, per coprire il vuoto di linea e l’isolamento nel quale ci siamo ficcati. Insomma, con gli ultimi mesi si è stravolto l’indirizzo politico che il partito aveva avuto da Montecatini e confermato a Perugia. Quell’indirizzo che ci aveva fatto lavorare per cinque duri anni in nome della prospettiva di ritrovare identità e autonomia e creare le condizi oni per un autorevole ritorno dei socialisti in Parlamento. Oggi il problema del Psi non è quello di un partito con troppe linee politiche, ma semmai di un partito che non ne ha nessuna. Si muove a zig-zag ma senza meta sicura.
Quarto. La fase che si apre oggi è quindi la fase della ricostruzione e della rinascita, che deve contare sulla capacità di metterci alla prova su questioni alte. In grado di rinvigorire i compagni e aggregarne di nuovi. Il primo scoglio che avremo davanti sarà la presentazione di una lista socialista alle europee. Una lista che dobbiamo prepararci subito a mettere in campo. Una lista non del PSI, non solo di socialisti come sommatoria di vecchie anime, non una lista della costituente socialista, ma una lista socialista che parla agli italiani. Una lista che proponga i programmi del socialismo italiano per partecipare, con una certa autorevolezza, al corso positivo del socialismo europeo. Da questo punto di vista non basta dire siamo socialisti europei, bisogna dimostrare prima di essere socialisti italiani, di contare qualcosa e poi saremo anche naturalmente i socialisti italiani del socialismo europeo.
Una lista nella quale dovremo mettere al centro tre grandi questioni che già abbiamo abbozzato nel seminario del 4 di maggio. La riforma di uno Stato, perché ci sia uno Stato che funzioni, perché ci sia uno Stato uguale per tutti, perché ci sia uno Stato onesto che non consenta, com’è stato detto qui da alcuni compagni, che la poca economia che c’è rischi di essere, in alcune aree del paese, economia criminale. La questione sociale e occupazionale del paese (la stessa questione sulla quale, più di cento anni fa, nacquero i socialisti). Ed infine la questione economica, per la quale bisogna dare risposte diverse da quelle che oggi sono prevalenti . La politica economica di un partito socialista non può essere la politica economica della destra italiana e della destra europea. Non basta dire quindi austerità e riduzione del debito per qualificare una politica di crescita e di sviluppo di cui abbiamo assolutamente bisogno. Per questo ci impegniamo a organizzare a settembre o in autunno una conferenza economica che potrà essere alla base del nuovo corso dei socialisti italiani.
Quinto. Lo spirito con cui abbiamo promosso questa assemblea e con il quale continueremo a lavorare politicamente, com’è stato detto, non è quello della piccola corrente o del piccolo gruppo. Nessuno di noi, ed io per primo, è disposto ad impegnarsi con tutte le sue forze per un obiettivo così limitato. Oggi ci sono le condizioni politiche, economiche e sociali per una reazione forte, per uno scatto di orgoglio e di dignità, per non rassegnarci allo status quo, ma decidere di vivere intensamente. Questa è la “posta in gioco” per i socialisti che vogliono ancora essere tali, è la “posta in gioco” di un nuovo congresso.
Tutti i compagni che sono qui oggi sanno benissimo di non essere alla fine del percorso, ma solo agli inizi. Siamo ai primissimi passi, armati di un’unica convinzione: non basta avere un progetto politico, bisogna costruire le gambe per renderlo comprensivo e vincente, per farlo conoscere e per intercettare adesioni e consensi. Oggi, il problema per noi più importante è avviare un nuovo corso per rendere praticabile e possibile il pensiero dei socialisti italiani.

a cura di www.acraccademia.it e di www.radioasso.it

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